E' colpa nostra
Sono lontana da Lavinio, ma non posso non pensare al mio paese. Anzi, forse proprio perché sono così lontana mi viene naturale fare il paragone.
Sono a Edimburgo e qui tutto funziona. Per me è un fatto eccezionale, per gli scozzesi è la normalità.
Edimburgo è una città piccola, come Lavinio. Ha tantissimi immigrati: indiani, italiani, messicani, cinesi. Proprio come a Lavinio.
Ma qui tutti sono uguali, nessuno si sente superiore o inferiore all'altro.
Tutti quando fumano spengono i mozziconi nei centinaia di posacenere piazzati ad ogni angolo delle strade.
Nessuno sputa per terra.
Tutti fanno la raccolta differenziata.
Lavano le strade ogni notte. Un po' ci pensa anche la neve.
I taxi sono tantissimi e costano pochissimo: le ragazze ed i ragazzi li prendono ogni sera per tornare dai pub e dalle discoteche.
Nessuno si sfracella su un albero con la macchina.
Gli autobus sono a due piani, hanno decine di posti a sedere, lo spazio dedicato ai passeggini, quello dedicato a chi è in carrozzella, quello dedicato alle valige ingombranti, quello dedicato ai giornali usati che vengono lasciati affinché altri li leggano.
Il biglietto costa 1 pound e 40 cents, cioè neanche 2 euro.
C'è sempre qualcuno che suona per strada e la gente non li guarda schifati, ma si ferma ad ascoltarli e gli lancia delle monete.
Come non pensare a Lavinio e al "degrado".
Quello che si chiama degrado non è altro che la conseguenza dell'abbandono da parte delle istituzioni e dei servizi. E' la conseguenza dell'egoismo, dell'isolamento e dell'inciviltà in cui ci siamo abituati a vivere. Ognuno dentro le sue quattro mura.
Non ce ne frega un cazzo di niente e di nessuno.
E' molto triste.
La cosa che mi rende più triste è pensare a Lavinio e al fatto che non mi vengono in mente immagini del genere.
Mi ricordo solo delle prostitute per strada, ce ne sono davanti al primo benzinaio che si incontra sulla Nettunense verso Aprilia, poi all'ingresso dello stradone di Sandalo di Levante, poi al secondo benzinaio che incontri, poi a Campo di Carne, poi all'ingresso di Via dei Giardini. Questo andando verso Roma
Penso a Lavinio e mi vergogno di come passano inosservati i tossicodipendenti che bazzicano la stazione, uomini e donne, giovani e adulti. Stanno lì, tutti noi lo sappiamo e non facciamo niente per loro. Non facciamo niente per noi, per quelli più giovani di me. Per i ragazzini delle medie che ogni mattina e ogni pomeriggio bazzicano pure loro la stazione.
Edimburgo cosmopolita. Lo è anche Lavinio: italiani, bulgari, romeni, indiani, pakistani, albanesi, marocchini e chissà quanti altri.
Ognuno nel suo ghetto.
Ognuno nel suo negozio a cucinare kebab, vendere magliette taroccate, dispensare cibo sconosciuto.
Dove sono le donne?
Non ce ne frega un cazzo di niente e di nessuno.
Lavinio: paese minuscolo ma centrale, abitato da moltissime persone, con un enorme quantità di giovani e giovanissimi.
Un paese fondato da emigranti, mio nonno e Vincenzo era uno di quelli. Mio nonno Armando era un emigrante. Tutti che calavano dal Nord o che scalavano l'Italia dal Sud per trovare un misero posto nel'agro pontino.
Nessuno forse se lo ricorda più.
A tanta gente non piace viaggiare, ma forse non dovrebbe essere una scelta facoltativa, dovrebbe essere obbligatorio. Solo viaggiando ci si rende conto di quanto facciamo pietà nei confronti del resto del mondo.
Per esempio di Edinburgo che ha fatto delle sue piccole dimensioni, della sua pluralità culturale, dei suoi giovani studenti e lavoratori una virtù di cui andare fiera e da cui trarre profitto. Non una vergogna.
A tutti coloro che, come me, vivono da anni in questo paese chiamato Lavinio. A tutti quelli che, scendendo dal solito treno Roma-Nettuno, si fermano alla stazione Lavinio Lido di Enea. A tutti i miei vicini di casa che pensano che questo paese è di tutti e di nessuno. A chi durante la colazione al bar, il pranzo o la cena coi parenti, parla per ore di tutto quello che non funziona a Lavinio. A tutti voi dedico il mio blog e a tutti voi chiedo di dire la vostra opinione.