30 marzo: treno Roma - Nettuno fermo a Pomezia per una rissa scoppiata su un vagone.
Io ero lì, esattamente su quel vagone, proprio a pochi sedili di distanza dalla rissa.
Un gruppo di ragazzi ha iniziato a litigare violentemente, sono arrivati alle mani e poi alle bottiglie rotte. In un attimo, i passeggeri seduti al loro fianco si sono alzati e sono corsi via, allontanandosi dalla scena. Serviva qualcuno che si frapponesse ai litiganti, che placasse la rissa, ma nessuno ha avuto la forza di intromettersi perché tutti eravamo spaventati e impietriti.
Nel frattempo il treno è giunto alla stazione di Pomezia, lì si è riusciti a contattare il capotreno che, naturalmente, era stazionario nella prima carrozza. Mentre qualcuno percorreva tutto il treno per raggiungerlo (me compresa), i ragazzi che litigavano hanno continuato la rissa, finché il controllore è risalito fino alla loro carrozza e ha cercato di sedare gli animi e di far scendere gli interessati. Infine, la maggior parte di loro sono fuggiti per la campagna e solamente uno è stato fermato (nonostante una tentata fuga).
In tutto questo, il treno carico di pendolari è rimasto fermo nella stazione per almeno trenta minuti, mentre il capotreno telefonava incessantemente ai suoi superiori perché era evidente che non sapesse quale fosse il suo compito e quali fossero le procedure da seguire in un caso del genere.
L'episodio, oltre all'ira e al fastidio dei passeggeri, tira in ballo due questioni fondamentali: la crescita della violenza, che rappresenta un vero e proprio problema sociale; il diritto alla calma e alla sicurezza degli utenti di Trenitala.
Come è possibile che dei giovani si prendano a pugni su un treno, in pieno pomeriggio, tra la folla? Che succede alla nostra società? Come è possibile che, per questioni futili e senza importanza, delle persone siano pronte a picchiarsi o peggio?
C'è un dilagare della violenza, dell'incapacità di mediazione, dell'isteria collettiva.
Il fatto che un treno carico di lavoratori e studenti, stanchi della giornata trascorsa a Roma, si debba fermare a causa di disordini pubblici è insostenibile, ma ancor peggio è il pensiero che ci siano dei ragazzi giovanissimi che passino il tempo a picchiarsi.
Oltre ad infuriarsi per il ritardo e per la non preparazione del personale a tali eventualità, bisogna necessariamente che si rifletta sul senso di quello che è successo e che sempre più spesso accade sui treni e in alcune zone di Lavinio, Anzio e Nettuno.
E' necessario che ci si interroghi sull'aumento della violenza, dell'incapacità di dialogo, dell'impoverimento culturale in cui si ritrovano i giovani delle zone più periferiche della nostra provincia, perché fatti come quello accaduto ieri sono un sintomo di come il sistema ha smesso di funzionare. Già da un bel po'.
A tutti coloro che, come me, vivono da anni in questo paese chiamato Lavinio. A tutti quelli che, scendendo dal solito treno Roma-Nettuno, si fermano alla stazione Lavinio Lido di Enea. A tutti i miei vicini di casa che pensano che questo paese è di tutti e di nessuno. A chi durante la colazione al bar, il pranzo o la cena coi parenti, parla per ore di tutto quello che non funziona a Lavinio. A tutti voi dedico il mio blog e a tutti voi chiedo di dire la vostra opinione.
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